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lunedì 7 marzo 2011

dalla russia con amore

Crisi istituzionali varie ed eventuali non sembrano fermare la nostra ottima intesa con la Russia. Nel nuovo vertice sono entrate in gioco tante questioni importanti: energia, ovviamente, banche, ma anche aeronautica e logistica militare. Si tratta di quattro settori economici importantissimi e che vale la pena esaminare uno alla volta.
Silvio Berlusconi e Dmitrij Medvedev
Nel campo energetico sono sicuramente avvenute le trattative più importanti. Due figure d’eccezione gli attori in scena: Alexey Miller, amministratore delegato di Gazprom, e Paolo Scaroni, suo alter ego all’Eni, hanno intavolato la cessione al colosso russo dela 50% della quota detenuta dall’Eni (circa il 33%) nel consorzio per lo sviluppo del giacimento petrolifero di Elephant in Libia. Situato nella zona desertica sud occidentale del Paese, a circa 800 km da Tripoli, il giacimento è stato il punto più controverso e complicato nelle varie trattative. Putin stesso, infatti, era intervenuto per bloccare il tutto: l’intesa raggiunta il 16 febbraio, un giorno prima che scoppiasse la polveriera libica, aveva messo tutti d’accordo. Ma dopo la serie di fatti susseguitisi nel Paese di Gheddafi, Vladimir Putin ha messo voce in capitolo chiudendo ogni possibilità: “Al momento non ci sono le condizioni necessarie per la realizzazione dei piani formulati dai partner russi e italiani per lavorare insieme nel mercato libico. Chi andrebbe li?”. Sarebbe stato un colpo pesantissimo per l’Eni. Con la crisi libica in atto, infatti, la società italiana si trova già in difficoltà per la situazione presente soprattutto in Cirenaica: in questa regione, ora praticamente fuori dal controllo statale, Eni produce il 90% del petrolio complessivamente estratto in Libia. Varie opere di mediazione, e alcuni spiragli che portano verso una risoluzione negoziata della crisi libica, hanno convinto i russi a tornare sui propri passi. La quota ceduta da Eni a Gazprom tocca i 170 milioni di dollari. Inoltre è stato siglato il contratto di compravendita per il gas prodotto nei giacimenti siberiani di Severengia, compagnia partecipata da Gazprom, Eni e anche dall’Enel. Si tratta di accordi inseriti nel piano della partnership strategica già concordata cinque anni fa, e che impegna le due società nella realizzazione congiunta di progetti, tra i quali il tanto agognato South Stream.
Il secondo punto in questione riguardava le banche. Il gruppo Assicurazioni Generali, la grande compagnia di assicurazioni italiana con sede principale a Trieste, ha acquisito l’1% della Vtb, la seconda banca statale russa, il cui 10% era stato messo in vendita nell’ambito di un piano di privatizzazione statale dell’istituto. Valutata in circa 300 milioni di dollari questa operazione sembra nascondere più di un retroscena, e quello che balza di più all’occhio è quello politico nell’ottica di una partnership italo-russa nel settore bancario. Il primo azionista del gruppo assicurativo italiano (13,47%) è, infatti, Mediobanca, che tra i soci conta il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, intimo amico di Putin.
Dall’operazione, Mosca incasserà oltre 3,2 miliardi di dollari. Ed entro cinque anni, dalla vendita di asset pubblici, si attendono in totale introiti per quasi 32 miliardi di dollari, considerando, inoltre, che il capitale complessivo per il 75% è ancora detenuto dai russi stessi.
Un Superjet 100
Ma parliamo di aerei, il terzo punto delle trattative. Medvedev, durante la sua visita a Roma, ha discusso con Berlusconi riguardo l’eventuale acquisto da parte di Alitalia degli aerei russi Sukhoi Superjet 100, velivoli di linea regionale di nuova generazione sviluppati, guarda caso, dal gruppo russo in collaborazione con Alenia Aeronautica, società del gruppo Finmeccanica. La cooperazione tra i due Paesi nel settore delle costruzioni aeronautiche è uno degli argomenti principali delle trattative. Il Superjet 100, infatti, ha recentemente ottenuto la certificazione Ue, senza la quale Alitalia tentennava e ha pensato di virare verso i brasiliani Embraer, acquistandone un blocco da 20 velivoli. Gli Erg-190 della Embraer posseggono già tutti i certificati del caso e pare che lo sforzo diplomatico brasiliano per convincere Alitalia sia molto intenso. In questo senso conta molto la situazione di Finmeccanica, le cui oscillazioni del titolo in borsa, dipendono parecchio dall’esito che avrà l’offerta di Superjet International, la joint-venture al 51% di Alenia Aeronautica e al 49% della russa Sukhoi, ad Alitalia per i SuperJet 100.
Quarto e ultimo punto, la logistica militare. Il nostro ministro della Difesa, Ignazio La Russa, e il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, hanno sottoscritto un accordo bilaterale sul transito di aereo di materiali non sensibili e personale militare per l’Afghanistan. Un accordo analogo a quello firmato a Sochi lo scorso 3 dicembre sul traffico ferroviario. Questi due accordi, distinti tra loro ma fortemente legati, rappresentano, infatti, un’alternativa valida alla rotta aerea di “Al Baaten”, base militare degli Emirati Arabi Uniti situata a pochi chilometri da Abu Dhabi, un percorso molto lungo ed esposto nell’ultimo tratto alle incursioni talebane. Per quanto riguarda la questione aerea, infatti, ora sarà possibile sfruttare il cosiddetto “corridoio nord” che attraversa, invece, Slovenia, Croazia, Ungheria, Ucraina, Federazione russa, Kazakhstan, Uzbekistan, Turkmenistan per giungere, infine, in Afghanistan. L’accordo risulta importante soprattutto perché modificherà radicalmente modalità e costi della catena logistica approntata per alimentare il contingente italiano in Afghanistan. Un’intesa bilaterale in cui l’Italia diventa mediatrice del più ampio programma di accordo e cooperazione tra Nato e Russia per la gestione della crisi afghana.

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